Ieri pomeriggio, in una sonnolenta domenica settembrina, è arrivata la notizia che finalmente le donne dell'Arabia Saudita potranno votare. In realtà come ha fatto notare Madawi Al-Rasheed, antropologa Saudita che lavora al King's College di Londra si tratta semplicemente di un diversivo. In Arabia Saudita le donne non possono guidare, hanno bisogno di un tutore per tutta la durata della loro esistenza, subiscono quotidiane violenze tra le mure domestiche, non possono nemmeno farsi curare senza il permesso di un uomo...cosa porterà come miglioramento poter votare e poter candidarsi tra quattro anni?
Probabilmente poco o nulla. Si vede che tutto il mondo è paese e i governanti di tutte le nazioni si sono resi conto che c'è molto fermento tra le donne. Dall'inizio dell'anno le donne sono state protagoniste di rivoluzioni, come in Egitto a gennaio, o sono scese in piazza sdegnate in tutte le città italiane per manifestare il loro sdegno sia per gli atteggiamenti del nostro amato premier ma anche e soprattutto il loro disagio per un paese che non riesce a decollare. Ovunque poco o nulla è cambiato: la demagogia regna sovrana ovunque...Il re Abdullah non è diverso dagli altri governanti.
La grande rivoluzione che sembra essere avvenuta in Arabia, con le dovute proporzioni, è molto simile a quello che è successo in Italia, anche nel PD, di cui faccio parte. Il PD ha un organismo femminile al suo interno, un organismo che dovrebbe, se il PD ambisce a diventare un partito di governo, occuparsi di sviluppare politiche per le donne fatte da donne, occuparsi di iniziare a predisporre un welfare degno di una società moderna. In realtà il più delle volte è ostaggio di donne più interessate a soddisfare il politico (molto spesso uomo) di riferimento che dare una risposta alle domande che ci vengono dalla società civile.
Stiamo perdendo un'occasione all'interno del PD, non affrontiamo il problema, non per incapacità, ma per paura...e anche questa prima o poi la pagheremo.
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